Una vita alla ricerca dell'acqua
Benedetto Altamura, ingegnere meccanico, racconta vent'anni di impegno per la promozione del diritto all'acqua in Mozambico. Un percorso umano e professionale che l'ha portato a incrociare i progetti del Cesvitem e di Esmabama.
Tante volte abbiamo utilizzato, nei più disparati contesti, l’espressione “l’acqua è vita”. Al punto, forse, da banalizzarla e da sottovalutarne la profonda verità. Eppure basta guardare a cosa è successo e sta succedendo in Africa nell’ultimo anno e mezzo per comprendere, purtroppo in negativo, che senza acqua non ci può essere vita. Non a caso il progetto di sviluppo agricolo promosso nel cuore del Mozambico da Cesvitem ed Esmabama è partito proprio da un impianto di irrigazione. “L’acqua è l’elemento che regola l’intera sopravvivenza di qualsiasi popolo”, afferma senza mezze misure Benedetto Altamura. Ingegnere meccanico, originario di Roma, per vent’anni ha partecipato in prima persona agli sforzi del Mozambico di promuovere l’accesso all’acqua potabile. Un lungo percorso che lo ha portato a contatto anche con Esmabama, in un rapporto di collaborazione professionale ben presto sbocciato in una profonda amicizia.
Quando è arrivato nel paese per la prima volta?
Era l’aprile del 1994, il paese era allo stremo dopo la conclusione di vent’anni di guerra civile. Tra i mille problemi del paese spiccava proprio quello dell’acqua. Nelle zone rurali l’accesso a fonti potabili era precluso in pratica a tutti, nelle città solo il 30% della popolazione disponeva di un rubinetto in casa. Un problema enorme, anche perché non esistevano imprese specializzate in questo settore. I pochi tecnici qualificati avevano abbandonato il paese durante la guerra e i finanziamenti messi a disposizione dalla comunità internazionale rischiavano di rimanere inutilizzati.
Come si è sviluppata la sua esperienza professionale?
Dal 1995 al 2013 sono stato direttore generale della Profuro International, una società italo-mozambicana specializzata nella perforazione di pozzi. In vent’anni abbiamo operato in qualsiasi angolo del Mozambico, eseguendo oltre cinquemila perforazioni, posando più di tremila chilometri di condotte e installando centinaia di serbatoi per lo stoccaggio dell’acqua.
Sempre agli anni Novanta risalgono i primi contatti con Esmabama.
Nel 1995 ho conosciuto quella magnifica persona che è padre Ottorino Poletto, il fondatore dell’associazione. Da allora ho sempre cercato di aiutarlo a risolvere i problemi legati all’acqua nelle quattro missioni. Si è trattato di un passaggio fondamentale per lo sviluppo del progetto: è grazie alla disponibilità di acqua che sono sorte le scuole e i centri sanitari, che si sono sviluppate le attività agricole e l’allevamento. Senza contare i vantaggi per le comunità più vicine alle missioni, per le quali l’accesso a fonti potabili ha significato nuove opportunità per lo sviluppo dell’agricoltura su scala famigliare e migliorate condizioni di vita, con l’enorme diminuzione del pericolo di epidemie.
Pensare ad un futuro in cui tutti i mozambicani abbiano accesso all’acqua potabile è utopia?
Il lavoro da fare è ancora tantissimo. Ma il Mozambico ha due risorse molto importanti. Ha fiumi che garantiscono risorse idriche più che sufficienti ai fabbisogni della popolazione, dell’agricoltura, dell’industria, a prescindere dai cambiamenti climatici. E ha risorse umane sempre più qualificate. Se negli anni Novanta non c’erano praticamente tecnici specializzati, oggi ci sono ingegneri, tecnici e maestranze altamente preparati.
Qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in questa lunga esperienza?
Certo mi riempie d’orgoglio pensare che qualche milione di persone ha avuto accesso all’acqua grazie ai progetti che ho seguito. Ma è una grande soddisfazione anche aver potuto trasmettere le mie conoscenze, tecniche e non, ai tanti mozambicani con cui ho collaborato. Persone che hanno sempre messo in pratica quanto appreso con entusiasmo e dedizione, fondandoci il proprio percorso professionale.
La versione integrale dell'intervista a Benedetto Altamura è disponibile nel nuovo numero de Il Girotondo.
Notizia del 27/06/2017