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Amaranto, dal passato una risposta per il futuro

Amaranto, dal passato una risposta per il futuro

In Argentina sia avvia alla conclusione il progetto agricolo promosso da un consorzio di ong italiane (tra cui il Cesvitem) per reintrodurre la coltivazione di un particolare cereale dalle grandi proprietà nutritive.

Dall’agricoltura del passato (remoto) alle sfide del futuro (prossimo). È con questo spirito che, dopo tre anni d lavoro, si sta avviando alla conclusione (prevista per il prossimo dicembre) il Progetto Amaranto, promosso da un consorzio di ong italiane, tra cui il Cesvitem, nelle provincia di Salta, nel nord dell’Argentina. L’iniziativa, cofinanziata dal Ministero Affari Esteri e dalla Fondazione Cariplo, sta reintroducendo la coltivazione dell’amaranto, uno pseudo-cereale autoctono dell’America centro-meridionale, in particolare trra le famiglie vulnerabili residenti nelle aree periurbane.

L’amaranto, che produce un grano lenticolare molto piccolo, vanta una storia antichissima, le cui radici, grazie alle popolazioni precolombiane, risalgono addirittura a 5000 anni fa. Aztechi, Maya e Inca lo utilizzavano come alimento energetico per i loro guerrieri e per scopi religiosi. Per questo i conquistadores spagnoli ne proibirono la coltivazione, che continuò solo in remoti scorci del territorio, tanto che l’utilità di questo grano fu “riscoperta” solo una quarantina di anni fa. 

I vantaggi di questa pianta sono numerosi. Innanzitutto è di facile coltivazione: una volta superate le prime due settimane, ha ridotte esigenze idriche e sopporta bene la forte insolazione. Ma, soprattutto, ha ha eccellenti proprietà nutritive. Oltre a una presenza importante di vitamine e minerali, in particolare calcio e ferro, l’amaranto presenta un elevato contenuto proteico. Da sottolineare poi che non contiene glutine, il che ne fa un alimento d’elezione per i celiaci. Oltre al grano (utilizzabile come farina, fiocchi e scoppiato, tipo un pop corn minuto), in cucina vengono utilizzate come verdura anche le foglie più giovani, sia in insalata che cotte.

Nonostante alcuni contrattempi, l’iniziativa ha comunque avuto un successo ben al di là di quanto inizialmente previsto, al punto da essere dichiarata “progetto di interesse nazionale” da parte della Camera dei Deputati argentina. In tutto sono state coinvolte 1.250 famiglie vulnerabili di vari comuni delle provincie di Salta e di Jujuy, di cui 500 residenti in area rurale e 750 nei quartieri periferici dei comuni di Güemes, El Bordo e Camposanto. A tutte è stato fornito materiale didattico e sementi per avviare la coltivazione di amaranto negli orti di loro proprietà. Alle famiglie residenti in area urbana è stata fornita anche assistenza tecnica e sanitaria, attraverso rispettivamente 84 tecnici agricoli e 34 assistenti sociali, appositamente formati dal progetto tramite 141 seminari. 

Le attività con le famiglie sono state accompagnate da una sperimentazione su 20 diverse varietà di amaranto, allo scopo di selezionare quelle più produttive nella regione bersaglio. I test, effettuati in collaborazione con l’università di San Salvador de Jujuy e di Rio Quarto, sono state effettuate su 10 ettari di terreno messi a disposizione dalla controparte locale, Federazione Agraria Argentina (FAA).. 

Ma il progetto non si limita a promuovere la coltivazione e il consumo domestico dell’amaranto. È stata infatti creata una cooperativa di piccoli produttori agricoli, denominata significativamente “Esperanza”, a cui sarà affidata la gestione dell’impianto di trasformazione dell’amaranto (e di altri grani andini) attualmente in costruzione a Gral Güemes: in questo modo sarà possibile chiudere la filiera produttiva locale, fornendo un mercato sicuro ai soci produttori e uno sbocco commerciale al prodotto lavorato.

Notizia del 28/08/2013


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