Ciad, il difficile investimento sui giovani
Don Giulio Zanotto, missionario della diocesi di Treviso e nostro referente nella zona di Fianga, racconta con le parole di un sacerdote africano la complessa realtà giovanile. Ma la speranza è più forte di tutto.
In questi giorni sono a Ngaoundere, in Camerun, in montagna, per trovare un po’ di fresco (in Ciad in questo periodo il termometro arriva a 44°) e per un po’ di aggiornamento. Siamo infatti una quarantina di missionari italiani, religiosi e laici, per una settimana di formazione. Vorrei parlarvi dei ragazzi ciadiani. E vorrei farlo con la voce di un giovane prete africano, perché l’Africa raccontata dagli africani mi sembra più vera, meno filtrata, anche se il linguaggio, gli accenti, le sfumature, richiedono una certa capacità di comprensione.
“In questo tempo storico stiamo assistendo a un cambiamento generale della famiglia e della società. La vita é molto cambiata nei villaggi, gli usi e i costumi tradizionali stanno ormai scomparendo. Grazie ai mezzi moderni di comunicazione la gente sta scoprendo altri modi di vivere più attraenti rispetto alla tradizione. Quello che viene da fuori, da lontano, é meglio, é ciò che vale. L’educazione è cambiata: i maestri dei giovani non sono più i loro genitori, i vecchi della comunità. Imparano i nuovi valori, i nuovi modi di comportarsi dalla televisione, dai giornali, dalla radio, dalla strada. Il simbolo della loro “novità” é il telefonino. Oggi nessuno può permettersi di correggere il figlio del proprio vicino, come accadeva spesso una volta.
L’insegnamento nelle scuole é diventato spesso mediocre. Molti studenti alla fine delle medie non sanno ancora leggere e scrivere. Si stanno mettendo in piedi un po’ dappertutto scuole medie-superiori dove gli insegnanti sono dei giovani con il diploma di maturità senza nessuna competenza pedagogica. Questi insegnanti copiano alla lavagna le note dei quaderni di quando loro erano studenti, spesso senza capire fino in fondo la materia che stanno insegnando. Questi istituti sono spesso in concorrenza tra di loro: per aumentare il numero degli iscritti, i presidi spingono gli insegnanti a non bocciare nessuno, perché chi viene bocciato certamente cambia scuola per trovarne una più accondiscendente. Questa situazione spinge gli alunni a non impegnarsi per niente nello studio. D’altronde la corruzione e l’inganno sono diventati una cosa normale: nel giorno degli esami, gli studenti con il consenso dei loro insegnanti copiano senza problemi dai libri.
Fuori dalla scuola, molti giovani sperperano le proprie forze e il proprio tempo nell’alcool e nel sesso. Una quantità enorme di bevande alcooliche invadono i nostri villaggi, specie il whisky in piccoli sacchetti di plastica di produzione camerunese e nigeriana. Un giovane astemio e che non si “diverta” con le ragazze, difficilmente trova amici. I coetanei lo deridono, chiamandolo “il santo” o “il protestante”, o semplicemente “il malato”.
Malgrado tutto ciò non perdiamo la nostra fiducia nella gioventù. Crediamo che i giovani siano la forza vitale, il polmone, della nostra società e della Chiesa. Molti stanno prendendo coscienza della deriva attuale che vive la nostra società e decidono di andare contro corrente. Ci sono giovani che si lasciano consigliare da guide illuminate e riescono nel proprio progetto di vita. Ci sono giovani che continuano a incontrarsi con altri giovani per riflettere, per trovare la forza insieme di percorrere cammini nuovi. Questo é incoraggiante e ci spinge a impegnarci ancor più a fondo nel servizio alla gioventù”.
Mi sembra un’analisi realistica, anche se a tratti un po’ a tinte fosche. Forse alcuni elementi possono trovare delle similitudine sulla realtà che vivono i nostri giovani in Italia. Personalmente avrei aggiunto altri aspetti positivi per equilibrare il quadro. I giovani qui sono più della metà della popolazione: una massa enorme che cerca qualcosa, che ha attese nei confronti della propria vita, che ha forza vitale. L’Africa ci appare come un continente pieno di vita perché é un continente pieno di giovani. E penso spesso che, prima ancora delle materie prime o della sua ancestrale cultura, questa sia la vera ricchezza dell’Africa, la fortuna su cui investire per un futuro migliore.
Notizia del 27/04/2012