La storia del mese: l'acqua in fondo alla buca
Un pozzo che si rompe, il fiume troppo lontano. E per bere, lavarsi e cucinare non resta che scavare in cerca di acqua mista a fango. Di Marianna Sassano
Adolfo Saquina, presidente di Watana, dice che è troppo presto per non avere l’acqua. È il 18 giugno. Le piogge, qui nel nord rurale del Mozambico - e più precisamente nel villaggio di Metocheria Agricola - arriveranno solo fra tre o quattro mesi.
Eravamo arrivati qui per fare visita al curandero, il guaritore tradizionale. Non è facile, per gli stranieri, essere ammessi al suo cospetto. Eppure, quando il permesso ci viene accordato, la cosa si rivela folkloristicamente deludente. Si è visto mai uno stregone con una maglia della Nike utilizzare amuleti fatti di perline di plastica?
Ringraziamo e ci allontaniamo dalla sua capanna, quando qualcuno avvicina Adolfo e gli chiede di seguirlo. Andiamo tutti. Passiamo attraverso il villaggio: in mezzo al mato, tra le capanne, vediamo prima una moschea, poi una sorta di negozio di alimentari, mimetizzato tra le case; e infine arriviamo al pozzo.
È successo che la pompa dell’acqua si è rotta, vi è entrata della sabbia. Questo significa che adesso la fonte d’acqua potabile più vicina a Metocheria Agricola è Rio Monapo, il fiume. Tre chilometri da fare a piedi. Tutto sommato, considerando la media delle distanze africane, non è nemmeno così lontano. Ma farsela a piedi, sotto il sole, con una tanica da dieci o più litri in equilibrio sulla testa, non è decisamente semplice.
Però il pozzo va riaggiustato. La norma, in molti villaggi, è di raccogliere una colletta mensile per far fronte alle necessità, per venire incontro alle emergenze. Una sorta di salvadanaio che dovrebbe essere sempre pronto. Ma quando, come qui a Metocheria, la gente vive come meno di un dollaro al giorno, è difficile fare i previdenti. E così la colletta inizia solo quando l’emergenza si è già verificata. E la colletta, al 18 giugno, non è stata ancora sufficientemente abbondante: i soldi raccolti non sono bastati a riparare il pozzo, con il risultato che ora gli abitanti, per trovare l’acqua senza fare avanti e indietro dal fiume, scavano buche nella terra.
La pozza che vediamo è alta all’incirca un metro e mezzo. Dentro c’è una vecchia che raccoglie l’acqua: dal suolo non ne affiorano più di sette-otto centimetri, ed è già una fortuna non dover scavare ancora più a fondo. La vecchia passa il secchio ad una ragazza incinta, che riempie il bidone rimasto in superficie. Se piovesse sarebbe tutto più facile. Ma è troppo presto. “È troppo presto per non avere l’acqua”, dice Adolfo: troppi mesi asciutti sono ancora da fronteggiare prima che il cielo porti sollievo.
Giù, in fondo alla pozzanghera, pacificamente stanno tre rospi nel fango.
Notizia del 22/02/2010