Il contesto
Il Perù è uno dei 17 paesi al mondo classificati come megadiversificati, in quanto presenta uno dei più alti tassi di biodiversità alimentare di tutto il pianeta. Tra l’oceano e le Ande, grazie anche alla varietà dei climi e degli ambienti, si coltivano o si allevano oltre 3 mila specie commestibili. Ma, a causa anche di un sistema produttivo fortemente orientato all’esportazione, secondo i dati del Programma Alimentate Mondale e dell’Inei (Instituto Nacional de Estatistica) il 42% della popolazione peruviana presenta un deficit calorico, a causa dell’impossibilità di procurarsi una quantità adeguata di cibo. Il 28,6% dei bambini sotto i cinque anni soffre di denutrizione, percentuale che nelle aree rurali sale oltre il 50%.
Una delle conseguenze di questa situazione è il precario stato di salute di larghe fasce della popolazione, soprattutto in età infantile. In particolare l’ampia diffusione di casi di denutrizione e malnutrizione determina un alto tasso di incidenza dell’anemia, che colpisce il 37,2% dei bambini sotto i cinque anni, con punte di oltre il 60% nella fascia 0-3 anni. Oltre la metà dei casi sono riconducibili a carenze nutrizionali, ovvero alla mancanza di quantità adeguate di ferro nell’alimentazione quotidiana. In questo senso i minori più a rischio sono i figli di donne con un basso tasso di scolarizzazione e appartenenti ai nuclei famigliari più poveri: in pratica condizioni di povertà, associate a scarse conoscenze e cattive abitudini alimentari, limitano il consumo di alimenti ricchi di ferro (come carne rossa, fegato, legumi, frutti di mare) o di vitamina C, sostanza che facilita l’assimilazione del ferro.
Il Ministero della Salute peruviano, nei suoi piani strategici settoriali, inserisce la lotta all’anemia infantile tra gli obiettivi prioritari. Per quanto si tratti di una patologia facilmente curabile, le sue conseguenze sullo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini possono essere particolarmente deleterie. Diversi studi dimostrano infatti come la denutrizione e il deficit di micronutrienti (in primis il ferro) influiscano negativamente sul profitto scolastico, limitando le capacità di apprendimento del bambino, e sulle capacità di risposta dell’organismo alle malattie, incrementando i tassi di morbilità e mortalità infantile.