Cipsi: "L'Onu riconosca il diritto all'acqua"
Si è svolta a Parigi dal 3 al 5 settembre la 61^ edizione della Conferenza della Nazioni Unite DPI/ONG, che ha visto la partecipazione di oltre duemila organizzazioni non governative provenienti da 90 diversi paesi. Per la prima volta l’evento non è stato organizzato a New York, bensì nella città in cui nel 1948, sessant'anni fa, venne ufficialmente adottata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
A questa ricorrenza si è ricollegato anche Guido Barbera, presidente del Cipsi, nel corso del seminario sul “Diritto all’Acqua” organizzato nell’ambito della conferenza: “Non vogliono riconoscere il diritto all’acqua. Questo incontro tra Nazioni Unite e Ong intende celebrare il 60° anniversario della Dichiarazione Universale. Ma c’è poco da celebrare. I diritti troppo spesso non sono riconosciuti e le stesse Nazioni Unite lo scorso marzo hanno rifiutato di riconoscere il diritto all’acqua. Lanciamo una lettera aperta-appello all’Onu per conoscere i motivi concreti di questa decisione. Le cifre parlano chiaro: 3,4 milioni di persone muoiono ogni anno per non aver accesso all’acqua potabile e 2,6 miliardi di esseri umani, quasi la metà della popolazione mondiale, non hanno accesso a nessun servizio idrico e igienico”. L'appello del Cipsi, sottoscritto anche dal Vides Internazionale, dalla Fondazione Mitterand France Liberté e da molte altre associazioni, ha già ottenuto un primo effetto: Miguel d’Escoto Brockmann, presidente dell'Assemblea Generale dell'Onu che si aprirà a New York il 18 settembre, ha dichiarato che “ci sono alcune lacune oggi nella Dichiarazione dei diritti umani che devono essere colmate, come il diritto all’acqua: sarà mio impegno personale colmare queste lacune”.
Barbera ha chiesto inoltre all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di rispettare il loro ruolo di garanti dei diritti di tutti e dei beni comuni dell’intera umanità, creando un luogo preposto alla tutela dei beni comuni, a partire dall’acqua. Come sottolineato da Riccardo Petrella, fondatore del Comitato internazionale Contratto Mondiale dell’Acqua, “è urgente creare un’autorità mondiale per l’acqua e modificare la priorità della finanza mondiale a favore di investimenti in linea con il principio dell’acqua bene comune. Le agenzie che oggi esistono non rappresentano l'umanità ma gli Stati membri e sovente gli Stati forti. Sono nate dopo la seconda guerra mondiale e sono sotto l'influenza del mondo economico e finanziario occidentale. Deve finire questa storia di una generazione di agenzie internazionali che da cinquant’anni servono solo a garantire gli interessi dominanti. L'agenzia che proponiamo noi non risolverà d'incanto tutti i problemi. Ma è necessario avere una nuova visione della mondialità con agenzie a nome dell'umanità, per garantire l'interesse generale nel campo dell'acqua come bene comune”.
“I potenti si stanno già organizzando - ha proseguito Petrella -. Non posso mettere la mano sul fuoco, ma credo che fra tre-cinque anni le grandi compagnie multinazionali che dipendono molto dall'acqua dolce (come Nestlè, Danone, Pepsi, Coca Cola) e le aziende dei settori che utilizzano l'acqua si metteranno d'accordo per gestire il problema dell'acqua secondo i meccanismi del mercato. E avremo un'autorità oligopolistica mondiale dell'acqua. C’è chi si sta organizzando per gestire quello che prima che un diritto universale sembra essere considerato una risorsa da sfruttare. Infatti il presidente del World Economic Forum ha dichiarato che è necessario un patto mondiale dell’acqua. E subito Coca Cola e Pepsi si sono unite al coro. Dobbiamo lasciare che siano le multinazionali private a fare un patto mondiale per l’acqua? Il Patto mondiale devono farlo i cittadini, non le multinazionali”.
Notizia del 05/09/2008