John mosta con orgoglio il suo orto
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Mutitu, dall'oro blu all'oro verde
Nel cuore del Kenya il grande acquedotto appoggiato dal Cesvitem comincia ad essere un motore di sviluppo. Le famiglie cominciano ad investire per avere pił acqua e coltivare pił terreno, con un importante ritorno economico. Il racconto di don Romano Filippi.
È arrivato nei nostri uffici con la solita verve e il solito entusiasmo, pieno di idee e nuovi progetti. Alla faccia dell’età che avanza e di tre mesi di “riposo” che lo hanno visto viaggiare in giro per mezza Italia, in Canada e negli Stati Uniti. “Ovunque ci sia qualcuno che ci aiuta e che mi invita a raccontare i nostri progetti io vado. Mi chiamano, mi dicono “Romano, ti paghiamo il viaggio, vieni anche da noi”. E io prendo la mia valigetta e parto”. Gli incontri con don Romano Filippi, da quarantatre anni missionario in Kenya, sono sempre coinvolgenti. È successo anche pochi giorni fa, quando è passato a trovarci nella nostra nuova sede per rafforzare un’amicizia ormai quasi ventennale.
Punto di partenza, ovviamente, il Mutitu Water Project, il grande acquedotto che anno dopo anno cresce all’interno della parrocchia di Mugunda. “I numeri parlano chiaro - racconta don Romano -, il progetto continua a rinforzarsi sempre più. Ormai le linee hanno raggiunto uno sviluppo complessivo di 650 chilometri, portando acqua a circa 20 mila persone. Anche i numeri con segno meno sono positivi. Prendiamo i water point, le fontane pubbliche dove la gente va a comprare l’acqua: stanno diminuendo mese dopo mese, ormai sono solo un centinaio. Ma questa è una bella notizia: vuol dire che sempre più famiglie non hanno bisogno dei water point perché hanno la loro casa è collegata direttamente all’acquedotto. E avere una fontana in casa può essere un’ulteriore occasione di sviluppo e benessere”. Tra il personale del Mutitu (un centinaio di persone, tra dipendenti full time e lavoratori a chiamata) ci sono tre “motivatori” che girano casa per casa. “Controllano le bollette e i consumi e spingono la gente a sfruttare al meglio l’acqua. Con l’equivalente di due euro puoi avere 10 metri cubi di acqua al mese. È già molto, ma investendo qualcosa in più puoi avere un ritorno ancora più grande. Cè chi, come John (vedi foto), ha investito circa 40 euro per avere più acqua e coltivare più terreno. Alla fine ha rivenduto quanto prodotto al mercato, arrivando a guadagnare fino a 1000 euro in tre mesi. Gli addetti dell’acquedotto vanno in giro a raccontare questi esempi positivi per spingere altre famiglie a investire: l’acqua può essere davvero motore di sviluppo”.
D’altronde, ricorda don Romano, il Mutitu Water Project è ancora sotto sfruttato. La rete attuale è in grado di trasportare fino a 2,5 milioni di litri all’anno, ma attualmente ne vengono utilizzati al massimo 1-1,5 milioni. “Per questo continuiamo a spingere perché ogni famiglia abbia una connessione privata. Per le famiglie più povere i lavori li paghiamo direttamente noi come parrocchia, grazie anche all’aiuto di tanti sostenitori: solo grazie al Cesvitem abbiamo finora collegato all’acquedotto le abitazioni di 77 famiglie, ma ce ne sono ancora circa 200 in attesa. Inoltre, su richiesta del Governo, stiamo progettando di espandere ulteriormente la rete, potenziando le linee principali e creandone di nuove per portare l’acqua in altre cinque zone”.
Ma don Romano non si ferma qui. “Da quando sono arrivato, ho sempre cercato di creare le condizioni perché i giovani restino qui, almeno fino al completamento degli studi. Andare nelle grandi città come Nairobi senza un titolo di studio vuol dire essere condannati alla povertà. Per questo come parrocchia abbiamo investito molto sull’acqua, per creare condizioni di vita dignitose, ma anche sulla scuola. La St. Regina Secondary School, la scuola secondaria che abbiamo costruito anche con l’aiuto del Cesvitem, opera a pieno regime. Ha 360 studenti e, soprattutto, quest’anno ha potuto accogliere tutti i ragazzi della zona che avevano finito l’ottava classe, il corrispondente della terza media: nessuno deve più andare via da casa per poter studiare”.
Notizia del 23/07/2013