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La storia del mese: in viaggio con i sensi

Foto Tommaso Saccarola

La storia del mese: in viaggio con i sensi

L'impatto iniziale con una città del Sud del mondo. Olfatto, vista, udito e gusto all'erta per disegnare la prima mappa di una nuova avventura. Di Marianna Sassano

L’arrivo in un luogo nuovo si materializza, per me, in un misto di curiosità, ebbrezza e spaesamento. E quanto più sono lontana da casa, tanto più i sensi, per un innato moto interiore, si aprono, si predispongono al nuovo. Ciò che lascio entrare con le prime immagini, i primi tentativi di capire, i primi incontri con spazi e persone, detta poi la mappa di sensazioni e percezioni lungo le quali trovare conferme o cambi di prospettiva.

L’arrivo a Trujillo, città della zona costiera del nord del Perù sede dei progetti sudamericani del Cesvitem, è in una macchina, di notte, appena scesi dall’aereo. Alle spalle dell’aeroporto, fabbriche e stabilimenti producono un odore che non riconosco. È il pollo, ci spiegano, ed emana un fetore che ci accompagna fino al centro della città, si attacca alle narici, e ci abbandona solo due settimane dopo, di nuovo in aereo.

La prima giornata a Trujillo svela la città. La Panamericana, che è l’unica autostrada del paese ma in realtà è uno stradone paragonabile alle nostre provinciali, passa attraverso il quartiere di Esperança, periferico ma già più ricco delle periferie estreme, e lo taglia in due. Da una parte c’è il mare. Dalla macchina su cui viaggiamo scorrono le immagini, e incredibilmente schiviamo una quantità indefinibile di probabili incidenti. Mi viene detto di non mettere il braccio al finestrino, per via dell’orologio: potrebbero rubarlo. È di plastica: ma obbedisco.

Dalla macchina emerge chiara una cosa: e cioè, che l’economia funziona a settori in questa città. Dalla Panamericana deviamo verso il centro, percorriamo un viale molto trafficato e pieno di taxi, e salta subito all’occhio che in un tratto di strada si vende solo legno, in un altro solo materassi, in un altro ancora gli unici negozi sono ferramenta e cambi d’olio. Tutti fanno lo stesso prezzo, ma nessuno ha i prezzi esposti: “ma allora, come scegliere dove comprare?!?”. Passiamo oltre e mi zittisco da sola: il primo giorno è il giorno dell’ascolto e dell‘osservazione, non delle domande. All’inizio di questo viale c’è il posto di polizia. Si riconosce facilmente, non fosse altro per una scritta enorme che campeggia sul muro esterno della caserma: “Estamos felices de ser policias e de servir a Trujillo”. Nella macchina subito iniziano i racconti di corruzione e violenza dei felici poliziotti al servizio di Trujillo.

È il Sud mondo, qui, e non solo per le baracche; sono già le aree urbane a svelarlo. Caos, rumore, clacson incessanti dominano un traffico disordinato di maggioloni Volkswagen, mototaxi che per un sol viaggiano ovunque all‘interno dei distretti,vecchie automobili americane. Non esiste la precedenza, non sono obbligatorie le frecce, ma un braccio fuori dal finestrino sì: se è per segnalare la direzione, allora sì che si può. Il casco, invece, è obbligatorio, ma nemmeno la polizia felix lo porta. 

E così, dopo aver assecondato olfatto, vista e udito, in questo primo giorno a Trujillo mi rimane da testare solo il gusto. L’occasione arriva ancora prima di pranzo, con una bevanda dolce e gassata, sponsorizzata ovunque nei bar e sui muri della città. In onore agli antenati di queste terre, con una elementare operazione di marketing, si chiama Inka Cola. È gialla, e sa di chewing-gum alla fragola misto a sciroppo di amarena.

Per oggi i sensi hanno percepito. La mappa è disegnata. Da domani, inizia il viaggio vero. 

Notizia del 24/11/2010


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