Approfondimenti
Il sorriso spento di Keico
Storia di una ragazzina nata nel posto sbagliato: l'eterna lotta tra la voglia di un futuro migliore e un di un presente fatto di povertà e violenza. Di Attilio Salviato (rappresentante Cesvitem Perù)
Lavorare nelle periferie di Trujillo significa ingaggiare una quotidiana, estenuante lotta per l’affermazione del bene sul male. Dove il bene è la costruzione di un futuro migliore per centinaia di bambini e ragazzi. E il male è una società sempre più violenta e corrotta, che mette in pericolo non solo il domani, ma anche il presente. Come staff del Cesvitem Perù siamo ogni giorno coinvolti in questa lotta, in un lavoro meticoloso e senza pretese, gratificato da progressi anche minimi di casi a prima vista disperati. Un lavoro paziente e fragile, che può essere spazzato con violenza da un momento all’altro.
Keico era entrata nel Progetto Pininos a sei anni. Una bambina dai tratti delicati, timidissima, chiusa in sé stessa, timorosa di tutto. Veniva da una delle zone più malfamate di Trujillo, il settore Rio Seco del distretto El Porvenir, dove l’unica “attrazione” è il Manpuesto, l’immenso cimitero dei poveri. Distese di croci e tombe scavate nella sabbia, intervallate da qualche campetto da calcio in cemento, dove centinaia di ragazzini giocano in mezzo ai morti, serbatoio ideale per le bande criminali che sguazzano nella miseria.
Keico, nata in questo inferno, aveva trovato nella timidezza l’unica arma di difesa possibile da un ambiente così violento. Ma fu proprio un’insegnante originaria di Rio Seco, incontrata tramite i nostri progetti, a farla uscire dal suo bozzolo, dimostrandole con la forza dell’esempio come le donne possano riscattarsi, attraverso l’istruzione, anche dalla desolazione più assoluta. Da quel momento non l’ho più vista piangere per la paura di esprimersi, perché le parole non escono, perché il mondo esterno è crudele con chi è timido o introverso. Al contrario, anno dopo anno, l’esile bambina si è trasformata in una ragazzina coraggiosa, consapevole delle sue capacità, decisa a sfruttare al meglio l’opportunità di andare a scuola. Una volta terminata la scuola primaria, l’inserimento nel Progetto Becas per le secondarie fu l’ovvia conseguenza di questi progressi. Un successo che riempiva Keico d’orgoglio: chi la incrociava nei corridoi della sede del Cesvitem Perù la trovava sempre allegra, sprizzante gioia, capace di trasmettere buonumore con un semplice sorriso.
Ma per chi nasce a Rio Seco la strada non è mai in discesa. Basta un singolo episodio per travolgere anni di sacrifici e di progressi. Per Keico questo episodio è stata la morte del fratello, assassinato a metà febbraio perché si era rifiutato di pagare il pizzo preteso da una banda locale per proteggere la sua attività di tassista. Anche il fratello di Keico era coraggioso, ma ha pagato con la vita il suo rifiuto di piegarsi alla logica criminale. Fa male vedere come questa vicenda sia stata sepolta dall’indifferenza, un fatto così drammaticamente normale da non meritare nemmeno un trafiletto sulla stampa locale. E per noi del Cesvitem Perù fa ancor più male vedere Keico tornare nel suo bozzolo, rinchiudersi in sé stessa tra lacrime e silenzi per tenere il mondo fuori. Non vuole più andare a scuola, convinta che per chi vive a Rio Seco non ci sia comunque scampo. Se solo alzi la testa ti uccidono, se sei uomo ti picchiano, se sei donna ti violentano.
Keico è fuggita da una zia in capitale, a Lima. Non voleva tornare, non voleva più vedere quel deserto di morti, non voleva morire, a 15 anni e con tutta la vita davanti. Poi, con l’aiuto della madre, siamo riusciti a convincerla a tornare per iniziare il nuovo anno scolastico, con il supporto di una psicologa. Ma il sorriso radioso che si era aperto al mondo oggi non c’è più.
Notizia del 22/03/2010