Disordini a Maputo per gli aumenti del trasporto pubblico
Calma apparente a Maputo, capitale del Mozambico, dopo le manifestazioni di protesta verificatesi negli scorsi giorni contro l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico entrato a vigore a febbraio. Martedì i disordini sono sfociati in tragedia: il bilancio ufficiale degli scontri tra polizia e manifestanti, come riporta l’agenzia Misna, parla di un morto e 60 feriti, mentre secondo i testimoni oculari ci sarebbero state almeno altre due vittime.
“Solo oggi – scrive da Maputo la rappresentante del Cesvitem Piera Zuccherin – i trasporti hanno ricominciato a funzionare regolarmente. Fino a ieri il servizio era praticamente inesistente. I pochi chapa (i pullmini-taxi collettivi tipici del Mozambico, ndr) in circolazione giravano stracarichi di passeggeri, con le porte aperte e i passeggeri praticamente appesi ai finestrini. La città era paralizzata, semivuota come se fosse domenica: tantissima gente è stata costretta ad andare al lavoro a piedi o addirittura a restare a casa, a causa degli scontri e dei blocchi stradali dei manifestanti, soprattutto nei quartieri periferici. Negozi, banche, imprese erano chiuse e gli accessi al centro-città completamente bloccati”. Ovviamente ci sono state ripercussioni anche sulle attività dei progetti Cesvitem. “Molti dei nostri operatori non sono riusciti a raggiungere i luoghi di lavoro, eccezion fatta per quelli che abitano vicini al Centro Esperança nel quartiere di Maxaquene. La coordinatrice Sandra Zandamela ha dovuto trascorrere la notte fuori casa presso una famiglia di amici, perché a causa delle barricate non riusciva a far ritorno alla propria abitazione”.
Come si diceva, le proteste sono state scatenate dall’aumento del 25% delle tariffe del trasporto pubblico. “La tratta urbana – sottolinea Piera – è passata da 5 a 7,5 meticais, mentre per andare dal centro alla periferia si paga 10 meticais. Una famiglia con un solo figlio che va a scuola spenderebbe con le nuove tariffe 500 merticais al mese (circa 14 euro) solo per il trasporto. Considerando che il salario minimo è di 1650 meticais al mese (46 euro), ci si ritroverebbe a vivere con 1150 meticais, poco più di 32 euro, quando un sacco di carbone costa 500, uno di carbone 400, uno di riso 900. In queste condizioni la rivolta era inevitabile: la gente intervistata in tv era arrabbiata e disperata, soprattutto le madri che in molti casi non sanno come fare per riuscire a mandare a scuola i propri figli”.
Per placare le proteste il Ministero dei Trasporti ha momentaneamente sospeso gli aumenti, nonostante l’opposizione dei trasportatori, che lamentano come l’aumento del petrolio abbia ridotto al minimo i loro margini di guadagno. “Stamattina – conclude Piera – abbia ricevuto un’e-mail da parte delle Nazioni Unite che conferma come la situazione si sia per ora calmata e che i chapa hanno ripreso a circolare. Il messaggio si conclude comunque con un invito alla prudenza: la stessa Ambasciata Italiana sconsiglia di uscire di casa se non in caso di necessità e di fare molta attenzione nelle zone periferiche della città. Anche perché circolano soprattutto tra I giovanni messaggi che incitano alla violenza e ai disordini, addirittura con la minaccia di incendiare le pompe di benzina: la situazione può cambiare da un momento all’altro”.
Notizia del 08/02/2008