Dov'è finita la cooperazione italiana?
In piena estate la politica ha tentato l'ennesima spallata, eliminando le figure di cooperanti e volontari internazionali. Tentativo fallito, ma nel 2011 spenderemo 179 milioni per la cooperazione e 24 miliardi per le spese militari.
Evvai con l’ennesima spallata. La politica, in piena estate, ha cercato di infierire l’ennesimo colpo alla già moribonda cooperazione allo sviluppo italiana. E solo l’immediata levata di scudi delle associazioni del settore ha evitato che l’operazione andasse in porto. Il 12 luglio, nel bel mezzo dell’Anno europeo del Volontariato e, beffa su beffa, all’interno del decreto di proroga delle missioni militari all’estero, il Consiglio dei Ministri aveva deliberato l’eliminazione delle figure dei cooperanti e dei volontari all’estero previste dalla legge 49/87 sulla cooperazione. Una misura che poneva fine al volontariato internazionale, compromettendo per di più la continuità dei progetti già finanziati.
Il provvedimento è stata poi stralciato in un paio di giorni, sull’onda delle proteste levatesi da più fronti. Ma è evidente come solo mantenendo costantemente alta l’attenzione si possa salvare il poco che resta della cooperazione italiana. “L’Italia è un paese in difficoltà - ha commentato il Guido Barbera, presidente del Cipsi, coordinamento nazionale di cui fa parte anche il Cesvitem - Nessuno lo può più nascondere, neppure il nostro governo. In una famiglia un buon padre distribuisce i sacrifici equamente tra tutti i suoi componenti sulla base delle forze, delle possibilità e delle capacità di ognuno. Questo era ed è normalmente ancora oggi inteso come “il buon senso, del padre di famiglia”. Nel nostro paese invece, il buon senso del governo è piuttosto quello di tagliare i servizi per i deboli per preservare la ricchezza di pochi”. La politica italiana, continua Barbera, “continua a stringere il cappio al collo ai cittadini, ai lavoratori e al terzo settore in generale, azzerando progressivamente ogni forma di prevenzione e sostegno sociale a livello nazionale ed internazionale”.
La tentata abolizione di cooperanti e volontari è solo l’ultima di una lunga serie di tagli imposti al settore della solidarietà internazionale: si è cercato di abolire e poi si è fissato un tetto al 5 per mille (di cui molte associazioni, tra cui il Cesvitem, devono ricevere ancora il contributo relativo all’anno fiscale 2008), si sono tagliati drasticamente i fondi per la cooperazione allo sviluppo, sono state aumentate del 500% le tariffe postali agevolate, principale strumento per la diffusione delle informazioni, per la sensibilizzazione e per la raccolta fondi delle organizzazioni della società civile. L’Italia è fortemente in ritardo o totalmente inadempiente con i pagamenti ai fondi multilaterali di sviluppo, come i fondi globali per l’ambiente, per la lotta all’Aids e alla fame: entro il 2010 dovevamo versare 1,97 miliardi di euro, ma i contributi effettivamente sborsati si fermano a 444 milioni. Il tutto mentre. Nel 2011 l’Italia spenderà 179 milioni per la cooperazione, a fronte di 24 miliardi (sì, miliardi) per le spese militari.
“Gli italiani - conclude Barbera - sono un popolo che più volte hanno dimostrato di sapersi sacrificare per uscire insieme dalle difficoltà, anche le più dure. Ma hanno bisogno di referenti credibili, che operino veramente per una politica dei diritti di tutti e per il bene di tutti. I referendum di giugno hanno dimostrato chiaramente che gli italiani non sono più disposti a subire i giochi e gli interessi di potere: vogliamo essere cittadini, fino in fondo”.
Notizia del 24/08/2011