Foto Tommaso Saccarola
La storia del mese: Tia Sarita e i suoi sessanta bambini
Un asilo a Xipamanine: fuori l'inferno delle periferie di Maputo, dentro un'oasi di normalità per un'infanzia vissuta e non subita. Di Marianna Sassano
Tia Sarita, la zia Saretta, a circumnavigarla ci vuole un bel po’. Di poco più alta del metro e mezzo, al quintale e cinquanta ci arriva tranquilla. Non è un caso che la sua sedia sia l’unica in metallo di tutto l’asilo: bambini e insegnanti hanno panchette di legno o seggioline di plastica, di quelle da bar, ma lei le sfonderebbe. In fondo, Tia Sarita è la direttrice, e una seduta speciale la merita: incastrata in quel trono robusto, domina a ragione la sua Escoliña Comunitaria.
Placida e solare, Tia Sarita ha le labbra dipinte di rosso e dispensa sorrisi rubini a tutti. Soprattutto ai suoi bambini: nell’asilo che ha aperto nella sua casa ce ne sono 60, di cui 17 seguiti dal progetto di sostegno a distanza Kukula, promosso dal Cesvitem. L’asilo di Tia Sarita, nel quartiere Xipamanine di Maputo, Mozambico, garantisce a tutti colazione, pranzo e cena; e, cosa non secondaria, una dose massiccia di canzoncine, balli, recite, giochi. Come in un asilo vero. Le maestre ci mostrano i giocattoli in dotazione: un tavolino con le costruzioni e poco altro, e ci descrivono, competenti, le funzioni pedagogiche di colori e puzzle.
Ha una casa carina, Tia Sarita: l’asilo - che si sviluppa per quasi tutta la superficie dell’abitazione, lasciando alla sua privacy solo due stanze coloratissime e fitte fitte di mobili e cianfrusaglie - è dipinto di azzurro. I bambini giocano sotto un portico e hanno a disposizione delle aulette: piccole, un po’ spoglie, ma accoglienti.
Ci fanno un regalo, perché è un giorno speciale: ci sono i molungu, i bianchi, in visita. E, come da tradizione qui, il saluto ufficiale ai visitatori sono le danze: Sarita dirige il ballo, con la sua voce piena e alta, e i bambini sfoderano una padronanza del corpo e del movimento che sbalordisce (rassegnando gli spettatori a cedere - di fronte all’evidenza - al luogo comune che lega gli africani all’atavica consapevolezza del ritmo). Ci fanno ridere a spanzapanza quando gridano: “Viva a criança!” (viva i bambini) con una convinzione da comizio elettorale; e quando Sarita emerge dal trono e muove la sua mole burrosa con l’agilità di una farfalla, sembra tornata bambina pure lei in mezzo a tutti quei ballerini minuscoli e festosi.
Capiamo che per tutti Tia Sarita è una mammona grande e buona: in un quartiere dominato dalla delinquenza, forse il più pericoloso e certamente fra i più disagiati e poveri della capitale, il suo asilo è un’oasi di incredibile e inaspettata normalità. L’elenco di una banale povertà, qui, ripete lo schema di sempre: fogne a cielo aperto, baracche di cartone e lamiera, famiglie disgregate, hiv diffusissima. E invece da Sarita si gioca, si mangia, si vive l’infanzia: senza subirla.
Notizia del 20/01/2010